Questo breve contributo nasce dalla collaborazione con la rivista B2B iColor Magazine, distribuita nelle ferramenta e nei colorifici italiani. L'obiettivo condiviso con la redazione era proporre una riflessione sulla cultura progettuale del colore, da un lato, e sulla funzione del colore in un momento storico particolarmente "ansiogeno", dal punto di vista psicologico, quale è quello della pandemia. Al seguente link è possibile leggere l'articolo sul numero di dicembre 2020 della rivista digitale iColor Magazine.
I colori che percepiamo, in natura così come nell’ambiente costruito e modificato dall’uomo, ci influenzano sensibilmente a livello psicologico e fisiologico. In quanto percezione sensoriale, infatti, i colori hanno su di noi effetti che coinvolgono la sfera simbolica, associativa, sinestetica ed emotiva. Gli aspetti neuropsicologici, psicosomatici, visivi e psicologici sono tutte componenti di quella che Frank H. Mahnke, nel suo libro Color Environment & Human Response, considerava “ergonomia del colore”.
A partire da questa premessa, l’obiettivo di una corretta progettazione cromatica dovrebbe essere sempre la tutela del benessere psicofisico dell’uomo all’interno dell’ambiente costruito. L’impressione di un colore e il messaggio che esso veicola hanno la massima importanza per creare lo stato d’animo psicologico e l’atmosfera che sostiene la funzione di uno spazio. Una classe scolastica, ad esempio, ha una funzione diversa da quella di un ambiente ospedaliero, di un ufficio o di un’area produttiva all’interno di un’azienda manifatturiera.
Progettare con il colore significa, inoltre, tenere in grande considerazione i due estremi percettivi all’interno di un ambiente: la deprivazione (ipositmolazione) e il sovraccarico sensoriale (iperstimolazione). Studi su persone inserite in ambienti ipostimolanti hanno dimostrato che questi soggetti mostrano segni di agitazione, irritabilità, risposta emotiva eccessiva, difficoltà nella concentrazione, disordini percettivi. Le caratteristiche di un ambiente ipostimolante sono bassa intensità dei colori, armonie monocromatiche, contrasti di colore deboli o colori monotoni.
Al contrario, l’iperstimolazione produce cambiamenti nel ritmo respiratorio, aumento delle pulsazioni e della pressione sanguigna, aumento della tensione muscolare. I segni caratteristici di un ambiente iperstimolante sono intensità dei colori eccessivamente forte, armonie di colore troppo complesse o incongrue, contrasti troppo forti.
Si pensi, ad esempio, all’importanza che una corretta progettazione cromatica delle strutture ospedaliere ha in questo particolare momento storico: per motivi legati alla pandemia, oggi, ogni spazio disponibile viene utilizzato al massimo. Spesso, tuttavia, nelle corsie e nelle stanze degli ospedali si passa da un uso eccessivo e indiscriminato del colore alla totale ipostimolazione. Entrambe situazioni che vanno assolutamente evitate, poiché non tengono conto degli effetti che il colore può avere sulle condizioni, evidentemente già compromesse, dei pazienti.
Ecco perché, come sottolinea Massimo Caiazzo – Presidente di IACC Italia: “L’utilizzo del colore e della luce in un ambiente devono essere presi molto seriamente da tutti gli addetti ai lavori del settore. Coloro che oggi, nella progettazione di un ospedale, propongono il bianco, il bianco sporco o ambienti neutri (grigiastri), non considerano che tali ambienti sono tutto fuorché neutri per gli effetti che hanno sui propri occupanti. Evitare i due estremi percettivi, tuttavia, richiede una conoscenza approfondita delle regole di applicazione del colore e della luce, per equilibrare il campo visivo e creare quello che, durante i Seminari formativi di IACC Italia, definiamo un clima cromatico corretto, bilanciato e funzionale”.
Il colore, elemento integrale del nostro mondo, presente non solo in natura, ma anche nell'ambiente costruito dall'uomo, assume un valore sociale fondamentale e gioca un ruolo imprescindibile nel processo evolutivo, degli individui così come delle collettività.
Le strade che animano i centri cittadini e intersecano le periferie urbane non sono solo vie di comunicazione e di transito, ma anche luoghi di incontro e di relazione per i giovani e gli adolescenti. Rappresentano, cioè, spazi di opportunità per l’esercizio della cittadinanza, della discussione, della negoziazione, dell’attribuzione del senso e del valore di beni personali e collettivi quali salute, benessere, qualità della vita (Cfr. Molinatto, 2002, p. 27). Dal punto di vista socioeducativo, il lavoro con i giovani e gli adolescenti è rappresentato dalla categoria dell’incontro. Questo avviene in uno spazio antropologico esistenziale, senza confini, in cui convivono più storie e stili di vita, quindi non solo un luogo fisico, ma anche simbolico. Sia che formino una piccola aggregazione, sia che si ritrovino in una “compagnia” numerosa, i gruppi informali rappresentano un soggetto sociale che interagisce con l’ambiente a cui appartiene e partecipa alla trasformazione della sua cultura (Cfr. Gambini, 2002, p. 54). Lavorare educativamente con un gruppo significa metterlo nelle condizioni di spostarsi dal suddetto luogo “simbolico” della relazione a quello “fisico” dell’ambiente a cui appartiene, secondo una logica trasformativa e generativa. Ciò può avvenire “[…] utilizzando uno dei concetti più radicati non solo nelle elaborazioni e progettazioni pedagogiche sociali, ma in quelle pedagogiche generali e in quelle psicologiche, sociologiche e antropologiche, ovvero l’analisi di contesto” (Santelli Beccegato, 2001, pp. 61-62). Nella prospettiva progettuale del Color Consultant, l’analisi di contesto può essere vista come un potenziale punto di contatto tra intervento di riqualificazione cromatica e intervento socioeducativo. L'ambiente antropizzato, infatti, è anche un ambiente architettonico in cui sono presenti aree e luoghi pubblici che le persone appartenenti a una comunità locale – inclusi, quindi, i giovani e gli adolescenti – frequentano abitualmente. L’analisi di contesto, attraverso la rilevazione di un profilo di comunità, costituisce un valido strumento di supporto al progetto di riqualificazione cromatica, con l’obiettivo di modificare l’ambiente e migliorarne l’ergonomia e il comfort visivo, per prevenire o ridurre quelle situazioni di degrado, abbandono e ipo-stimolazione che contribuiscono a generare marginalità, disagio e alienazione. Attraverso l’analisi di contesto, infatti, è possibile mettere in relazione la dimensione sociale con quella fisica dello spazio pubblico e osservare i luoghi di incontro e le loro dinamiche da un ulteriore e privilegiato punto di vista: quello di chi si interroga sull’evidenza che nelle modificazioni dell’umano entrano sempre in gioco due parti interconnesse, “[…] l’azione dell’individuo e la retroazione della realtà esterna, naturale e antropizzata, che innesca nuovi adattamenti personali e collettivi” (Orefice, 2011, p. 137).
Uno degli strumenti culturali per leggere le dinamiche sociali e comunitarie è, quindi, l’adozione di una prospettiva di matrice socio-geografica.Ambienti urbani, metropolitani, luoghi pubblici e luoghi in cui i giovani si incontrano possono, cioè, essere interpretati e “agìti educativamente” seguendo specifiche coordinate socio-spaziali. Considerandola un ulteriore sviluppo della geografia antropica funzionale sotto l’aspetto sociologico, Schaffer definisce così la geografia sociale: “Scienza delle forme di organizzazione spaziale e dei processi spazialmente attivi delle funzioni elementari dei gruppi e delle società umane” (Maier, Paesler, Ruppert&Schaffer, 1980, p. 30). Nella prospettiva di Schaffer, saper leggere il contesto e la comunità significa analizzare le interazioni sociali che si svolgono in modo stabile e regolare tra soggetti localizzati in un certo spazio. In una città, ad esempio, incontri abituali tra amici, frequentazione di luoghi o servizi associativi, etc. Questo tipo di analisi, traslata nell'ambito del progetto cromatico, può aiutare il consulente del colore a determinare il grado di “fertilità del terreno sociale” sul quale gettare i semi di un intervento di riqualificazione, che, a sua volta, racchiude in sé anche un alto valore sociale, educativo e/o ri-educativo.
Quando un’interazione socio-spaziale si sviluppa, si intensifica e aumenta la sua durata nel tempo, il tessuto connettivo di una comunità locale si rafforza fino a diventare una rete sociale locale. “I legami delle reti sociali sono più forti e intensi là dove esiste più consapevolezza e condivisione di interessi comuni (buon funzionamento dei servizi, qualità dell’ambiente, sicurezza, etc.) e più partecipazione attiva e auto organizzata per salvaguardare tali interessi” (Dematteis & Lanza, 2011, p. 203). Tuttavia, oggi, in molti contesti, vivere sta diventando sempre più complesso, a causa di un disagio diffuso e sommerso che non sempre si esprime attraverso una domanda ai servizi, ma che spesso rimane silenzioso (Cfr. Del Gottardo, 2010, p. 109). Tale disagio può e deve essere intercettato anche attraverso il monitoraggio delle aggregazioni informali presenti sul territorio. Quando le dinamiche interne non sono orientate positivamente, infatti, il disagio può trasformarsi in una forte contestazione del mondo adulto o in una violazione delle regole e perfino dei valori basilari di convivenza civile: bande giovanili, tentazione di derive distruttive, comportamenti devianti, spaccio e/o uso/abuso di sostanze stupefacenti, violenza (Cfr. Costanzo, 2017, p. 46). Il rapporto tra ricerca geografica e sociologica e il fatto che quest’ultima rivolga il suo interesse non tanto ai singoli individui o all’umanità intesa come totalità quanto ai rapporti esistenti fra gli uomini, alle relazioni, ai gruppi sociali, ci riporta all’idea di aggregazione informale giovanile. Il gruppo adolescenziale, di fatto, risulta essere (almeno cronologicamente) la prima manifestazione di quella che in termini socio-geografici viene definita associazione intenzionale.
I giovani che si muovono all’interno di una città, per le strade e in un ambiente fisico plasmato artificialmente dall’uomo “[…] fanno parte di un sistema di interdipendenze e di un modello socio-spaziale costituito da segni, suoni, forme e atmosfere alle quali tutti noi attribuiamo un senso, e che determinano la nostra percezione – o lo stato mentale che ne deriva – dello spazio urbano” (Dematteis & Lanza, 2011, p. 131). Ecco che, in questa prospettiva, il colore, elemento integrale del nostro mondo, presente non solo in natura, ma anche nell’ambiente costruito dall’uomo, assume un valore sociale fondamentale e gioca un ruolo imprescindibile nel processo evolutivo, degli individui così come delle collettività.L’ambiente e i colori sono percepiti dall’essere umano e il cervello elabora e giudica quello che percepisce su basi oggettive e soggettive. L’influenza psicologica, la comunicazione, le informazioni e gli effetti sulla psiche sono tutti aspetti dei nostri processi percettivi di giudizio che non hanno una relazione solo con un approccio decorativo che soddisfi gli obiettivi della progettazione del colore in uno spazio architettonico. Il colore, infatti, “[…] è un linguaggio visivo universale e nella progettazione degli spazi dove le persone vivono, lavorano, imparano o vengono curate, considerare i principi fisiologici, psicologici, neuro psicologici, psicosomatici e dell’ergonomia visiva deve essere una condizione imprescindibile per i designer” (Caiazzo, 2014, p. 19).
In definitiva, l’analisi di contesto, al servizio della progettazione cromatica, rappresenta uno strumento utile, altamente funzionale rispetto a un corretto intervento di riqualificazione e, di conseguenza, fortemente orientato al perseguimento dell’obiettivo principe, incarnato dalla cultura progettuale di IACC: il benessere integrale dell’uomo.
Note bibliografiche
Caiazzo M. (2014). Alla ricerca dell’ergonomia visiva. Color Date RGB 01. Milano: IACC Italia. 2020:
Costanzo S. (2017). Ragazzi difficili oggi. Napoli:Rogiosi.
Del Gottardo E. (2010). “Progettazione per l’educatore di strada”, in N. Paparella (a cura di), Il progetto educativo, vol II. Roma: Armando.
Dematteis G., Lanza C. (2011). Le città del mondo. Una geografia urbana. Novara: De Agostini.
Gambini P. (2002). L’animazione di strada. Incontrare i giovani là dove sono. Torino: Elledici.
Maier J., Paesler R., Ruppert K., Schaffer K. (1980). Geografia sociale. Milano: Franco Angeli.
Molinatto P. (a cura di) (2002). “Servizi a bassa soglia al crocevia di una filosofia del lavoro sociale”, in Animazione Sociale, 159, 1, pp. 25-35.
Orefice P. (2011). Pedagogia sociale. L’educazione tra saperi e società. Milano: Pearson.
Durante il ciclo 2019/2020 di Seminari italiani, organizzati da IACC per formare e accreditare Progettisti/Consulenti del Colore, ho avuto il privilegio di condurre un intervento sul colore come strumento socio-educativo per l'adolescenza. In particolare, la lezione ha riguardato l'analisi di contesto come punto di contatto tra il lavoro socio-educativo in contesti destrutturati e la progettazione/riqualificazione cromatica degli ambienti outdoor.
COLORE ED ERGONOMIA VISIVA IN UNA SCUOLA MATERNA
Progetto sviluppato assieme all'Architetto Carlo Farina, per l'AWR Award 2015. L'obiettivo di questa ricerca sul colore è stato conferire alla struttura un senso di armonia e leggerezza, evitando gli estremi opposti di iper o (ancor peggio) ipo-stimolazione all'interno dei diversi ambienti.
Dal punto di vista neuropsicologico un eccessivo utilizzo del colore equivale a un sovraccarico sensoriale (iper-stimolazione). L'esposizione ad una iper-stimolazione cromatica può causare alterazioni di respirazione, battiti cardiaci, pressione sanguigna e tensione muscolare.
Ricerche sulla condizione di stress rivelano che i sintomi sopra descritti sono tipici delle persone sottoposte a iper-stimolazione cromatica. Al contrario, persone soggette a ipo-stimolazione cromatica (deprivazione sensoriale o monotonia) mostrano sintomi di stanchezza, risposte emotive anomale, difficoltà nella concentrazione, irritazione.
Abbiamo quindi evitato coscientemente colori bianchi o grigi, perché il loro effetto è tutt'altro che neutro sulle persone che vivono o utilizzano un ambiente.
La possibilità di evitare i due estremi di iper e ipo-stimolazione comporta la comprensione delle diverse regole di bilanciamento del campo visivo, come:
- la scelta di colori pastello, desaturati;
- l'uso del colore come “funzione” (si notino gli orizzonti colorati dei muri a diverse altezze, funzionali all'orientamento dei bambini di età diverse e alla percezione della profondità);
- la selezione di coppie o triplette cromatiche graduali, in ogni stanza;
- l'uso del colore per educare e intrattenere.
Questo stimolante progetto editoriale è stato sviluppato con un team di colleghi, ma ancor prima di amici, incontrati durante i Seminari italiani di IACC. Ho avuto l'onore di coordinare le attività per la realizzazione dell'edizione speciale digitale di Color Date Magazine. Un intero numero dedicato al nostro amato Presidente Frank H. Mahnke, scomparso prematuramente il 27 Settembre 2015.
Questo numero speciale è a tutti gli effetti il manifesto del Consulente del Colore e spiega chiaramente grazie a diversi contributi che: "Il colore è parte integrante del nostro mondo, non solo del mondo naturale ma anche dell'ambiente architettonico costruito dall'uomo e che Colore è molto più che mera decorazione".